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ECOTIPO
L'evasione possibile
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ECOTIPO L'evasione possibile
settembre 1993
I cantieri della
memoria
di Luigi M. Bruno
L'artista ci riconduce con mano paziente a riscoprire i segni
perduti, a ricordare tra le cose dimenticate; le sue cifre astratte
ricoprono almanacchi,fascicoli d'artista ci riconduce con mallo paziente
a riscoprire i segni perduti, a ricordare tra le cose dimenticate; le
sue cifre astratte ricoprono almanacchi,fascicoli d'archivio, annuari,
registri,foderandoli e "riscrivendoli" con nuova, amorosa materia, come
antichi codici miniati di una umanitą riscoperta.
Susanne Kessler mi parla della sua pittura come di una stratigrafia
emotiva; le sue superfici svelano vari spessori e livelli; come una
cittą antica (quasi un riferimento e un omaggio a Roma) offre versi e
"retri" di varie profonditą archeologiche. La tela, dipinta per il
verso, offre poi il suo rovescio e si racconta per trasparenze
attraverso l'uso della garza, a su a volta ridipinta. E' tutto un
richiamarsi e un ricomporsi da diversi strati, come per una antica
pergamena riusata, della materia stessa del tempo, della memoria delle
cose che affiora ira il sovrapporsi del banale quotidiano, dello strappo
ingrigito, dello scritto cancellato.
Essa stessa racconta d'avere a lungo lavorato, a Bonn, in una cartiera
abbandonata, dove giganteschi rulli e macchie di bitume ed ingranaggi
inerti le hanno rivelato una specie di enorme e pur sommesso santuario
della memoria.
L'uso del caldo bitume e dell'asfalto nella sua pittura ricorda l'unto e
le macchie di quel vuoto cantiere, ma č anche il colore denso, corposo
di un passaggio, tracce d'esistenza; come il ridipingere libri ormai
dimenticati, ricoperti da quella ruggine del tempo, ce li fa riaffiorare
nella loro solenne dignitą quasi di reperti archeologici, fossili
dell'operare umano che si svolge tra il continuo sovrapporsi delle
generazioni, dell'esistere e del perdersi: ed č profonda pietą dei
nostri poveri gesti, sacralitą laica dell'umano.
L'artista ci riconduce con mano paziente a riscoprire i segni perduti, a
ricordare tra le cose dimenticate; le sue cifre astratte ricoprono
almanacchi, fascicoli d'archivio, annuari, registri, foderandoli e
"riscrivendoli" con nuova, amorosa materia, come antiéhi codici miniati
di una umanitą riscoperta.
La Kessler ricomponendo nello spazio espositivo lo spazio emotivo
dell'antico cantiere ripropone, come feticci e totem magici, le ruote
gigantesche di quei rulli e una massiccia, enorme croce: tutti simboli
contaminati dal convulso umano operare, da migliaia di gesti e di segni
nei quali sono sprofondati e da cui qui riemergono, solenni ed
enigmatici nella loro primordiale monumentalitą.
Parallelamente ai macchinari e ai "codici" di Susanne Kessler, nei
locali sotterranei della galleria, l'artista peruviano Pablo Balarin
espone due serie di fotografie: "Blood horse" e "Air mail", che sono due
curiose storie "gialle" ricostruite attraverso l'indagine sovrapposta di
indizi (come nei classici polizieschi) apparentemente banali.
Tutto un enorme armamentario di minuzie (piccolissime foto, cerini,
biglietti, monetine, scontrini, buste, frammenti) pur magistralmente
ricomposte in calibratissime foto ed in un percorso che, aldilą del
pretesto del "giallo" da ricostruire, č gioco ed amore anche qui per la
memoria vissuta attraverso le tracce dell'infimo che in Balarin diventa
geniale feticismo, ostinato percorso dell'intelligenza all'interno del
microcosmo umano.
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