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IL RICATTO DEL 2000
Vi ricordate il vecchio film di de Sica "Il Giudizio
universale?" Su Napoli e i suoi mille volti
incombeva un vocione col suo cupo ritornello: "Alla
tale ora inizierà il giudizio universale!",
scatenando nella povera o ricca gentucola dei vicoli o
dei palazzi una ridda di grotteschi, patetici, drammatici
sentimenti contrastanti. Ho la stessa impressione,
bombardato come sono e come siamo dai vari orologi
planetari messi in bella vista nelle principali città e
piazze che sciorinano secondi ore e giorni con la stessa
allegria del frate che ti rammenta: "Ricordati che
devi morire!" E come si fa a dimenticarselo? Ogni
giorno siamo costretti a sapere che: "Mancano tot
giorni, tot ore e tot secondi al fatidico 2000!". E
se ci si ferma incantati a veder scorrere la clessidra
implacabile dei secondi, langoscia ci stringe alla
gola col suo "Tempus fugit!" Era proprio
necessario ricordarcelo ogni giorno, dalle piazze, dal
video, dai giornali, facendoci rimbombare paure e
incertezze nello scorrere della nostra piccola e fragile
vita? Evidentemente sì: evidentemente lo iettatorio
martellamento asseconda interessi pubblicitari,
economici, (forse politici) inimmaginabili e
intransigenti. Ma se tutto e tutti si fan stritolare in
questimbuto che fa di noi tanti piccoli granelli di
sabbia, una ragione ci devessere, una pulsione
profonda, ineliminabile. Un filosofo greco diceva:
"Gli uomini desiderano vivere, ma ancor più
desiderano morire". E questo abissale, inconscio
desiderio di morte che ci trasciniamo per tutta la vita,
alloscuro dei nostri sentimenti più immediati, si
conclama meglio nella tensione della omologazione
planetaria, come una specie di isteria collettiva, in
questa spasmodica attesa del fatidico 2000. Che accadde
infatti mille anni fa?
Le cronache parlano di fatti incredibili: angosce,
suicidi, depravazioni devastanti, quasi sicuri i nostri
poveri antenati delloscuro medioevo di precipitare
nellabisso imminente di una catastrofe cosmica, una
catarsi che avrebbe dissolto e forse purificato questo
nostro povero mondo contaminato da millenni di disumana
umanità. Allora, nellanno 999 dopo Cristo, tutti
patirono la mannaia di questattesa, sperando e
disperando, con la rozzezza e la semplicità di chi
viveva una fede certa in un Aldilà e in una Divinità
incombente. Oggi i nostri sentimenti sono più complessi
e mascherati; la fede certa in Dio e nel suo Giudizio
appartiene a pochi; non crediamo quasi in nulla tranne in
poche, squallide cose quotidiane: nella mafiosità dei
politici, nella pubblicità che interromperà il film che
stiamo vedendo, nei ritardi burocratici, nella pioggia
che rovinerà il nostro fine settimana
e così via.
Per il resto siamo abbandonati a noi stessi,
langoscia che nascondiamo dietro i megaorologi non
si può avvinghiare nemmeno alla speranza o alla paura
che tutto finirà o cambierà e il mondo, con o senza di
noi, ricomincerà come nuovo, per un altro giro di
giostra già pagato. Apparteniamo tutti a una scadenza
che è frutto sicuramente solo della nostra umana
fantasia, non legata ad eventi naturali, che vorremmo
dimenticare ma che in fondo ci piace rigirarcela con il
gusto malsano che abbiamo ancora e che da bambini
avevamo, attratti e impauriti dal buio. Ma sì!
Lodioso orologio che ogni attimo ci avverte di
quanti maledetti secondi mancano alla fine del millennio
è come un gioco perverso e crudele, lodioso
pro-memoria che fa di noi palline da flipper, nel freddo
gioco virtuale inventato dalla nostra curiosa umanità
che a nulla più crede ma non rinuncia a nessun fantasma
o arcano scheletro relegato in soffitta. Così i
"mostri" cacciati dalla porta del raziocinio e
dei "lumi" rientrano dalla finestra lasciata
aperta la notte: la mania dellocculto, gli orrori
del satanismo, le ritualità stupide e crudeli che ci
ammiccano con locchio cisposo del nostro antenato
dellanno 1000. E poi che volete che accada? Alla
fin fine solo un gran clamore, qualcuno sparerà dalla
finestra, qualcuno ci si getterà attraverso
(lominide delle caverne è sempre alle nostre
spalle), la voglia che abbiamo tutti di credere in quello
che non è più possibile, che tutto cambierà, magari
buttando tutto allaria (muoia Sansone con tutti i
filistei!).
Ma è più facile che non accada proprio nulla, che ci si
ritrovi in un giorno come gli altri, con nausea e mal di
testa, seduti su un mondo di immondizie, fregati e
"bidonati" da un Giudizio michelangiolesco in
cui tutti, sotto sotto, speravamo e che si è dissolto
nel nulla, e tutto ricomincia come prima, proprio come in
quel vecchio film di de Sica.
Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI
Rubrica: La Bottega del Misantropo
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