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PAROLE,
PAROLE, PAROLE
Mai la civiltà delluomo ebbe, nel volgersi delle
ere, la agevole e massima possibilità di comunicare che
oggi è a disposizione di chiunque. Satelliti fitti come
nugoli dinsetti sono pronti a rimbalzare immagini e
notizie in pochi secondi ovunque; la civiltà
"Internet" è una trama invasiva che ricopre
tutto il pianeta. Su tutto impera il "Moloch"
televisivo che tutto divora e a tutti ridà il terribile
minestrone quotidiano: sangue, santi, sesso e rock and
roll, impartendo le coordinate di una schiacciante
omologazione culturale che non risparmia nessuno.
E poi la ciliegina definitiva, il
feticcio che in pochi anni da "status symbol"
(freneticamente divorato) è diventato la dilagante,
ossessiva protesi dogni tasca: il telefonino.
Telefonino che una volta era appannaggio di VIP e
manager, da esibire con malcelato trionfo, ed ora
fiorisce nelle mani di barboni e lavavetri, di massaie e
garzoni. Eppure il sacrosanto telefonino non ha esaurito
la sua carica di affascinante feticcio. Telefono quindi
esisto.
Ce lhanno tutti, ma è ancora
un piacere tirarlo fuori e avviare con noncuranza una
irritante conversazione pubblica che il più delle volte
è idiota ed obsoleta.
E qui ritorniamo "ab ovo"
come diceva una volta linsegnante di lettere, o
"a monte" come dicevamo negli anni 70.:
comunicare poi cosa? E perché? Mai ci fu epoca di più
fitte comunicazioni e mai ci fu epoca di più arida
incapacità di comunicare realmente. Il pianeta è
assordato, tra cavi antenne e satelliti, di un fitto,
interminabile "bla-bla"; rimbalzano ovunque
conversazioni-monologhi nelle quali il vero dialogo è
sacrificato o dalla nevrotica logorrea che ognuno di noi
ha necessità di liberare, o dallurlo, dalla rissa
verbale dove chi più grida si presume abbia più
ragione. Nessuno ascolta nessuno, nemmeno sé stesso. E i
salotti e le conversazioni?
Una imbandigione di luoghi comuni,
di banalità, di concetti sbavati e rimasticati dalla
gran Madre televisiva che tutti imbocca e nutre: il
piacere di rimanere sempre in superficie, parlando di
tutto e di niente, vietato scavare in profondità,
vietato sollevare le pietre e aprire le botole.
Vietato comunicare davvero, vietato
urlare la propria mediocrità o la propria solitudine in
questa incivile civiltà di "rimozioni" dove,
tra "fiction" e realtà "virtuali" si
gioca sempre a rimpiattino con la realtà vera. Del resto
è necessario sembrare, apparire: non è la civiltà
dellimmagine?
Non è questa la crudele civiltà
manichea che divide gli uomini in "vincenti" e
"perdenti"?
Ci si nasconde dietro le parole, si
parla continuamente, con qualcuno che forse non
cè, camminando, mangiando, guidando, defecando
(scusate).
Parlare, parlarsi, parlarne, senza
mai incontrare davvero qualcuno, senza ascoltarlo, senza
capirlo. Parlare di qualsiasi cosa con chiunque, ma
dietro si nasconde il terribile silenzio, langelo
oscuro di questo nostro mondo assordante.
Un frastuono planetario che invoca
una sacrosanta pausa; un po di silenzio dove
ritrovarsi, un nostro giardino lontano dai blateranti
telefonini, dove coltivare lantico, nuovissimo
piacere della parola, dono miracoloso dun Dio che
in principio fu Verbo, non chiacchiera.
Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI
Rubrica: La Bottega del Misantropo
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