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L'MPLACABILE GABIN
Jean Gabin, il freddo, malinconico, disincantato eroe del
"realismo poetico" francese anni
40-50, la maschera perfetta, taciturna e
disperata evocata dalle poetiche sceneggiature di
Prevért e dalle struggenti canzoni di Kosma. Un mondo di
reietti, vittime predestinate di eventi fatali e
ineluttabili. Alba tragica, Il porto delle
nebbie e poi Grisbi nel dopoguerra, quando
Gabin ritorna al cinema con il nuovo personaggio
dellimplacabile gangster, ma eticamente provveduto,
(lonore, lamicizia, la parola data) con
leterna piega amara, gli occhi perduti lontano, i
sempre più rari sorrisi della bocca tagliata come una
ferita. Un mondo perduto di criminali poeticamente
esistenziali, di umide città notturne e di nostalgiche
"feuilles mortes". In coppia con Michèle
Morgan, il Gabin al femminile, poche parole, molti
sguardi, personaggi duna cartolina in bianco e nero
che ritorna da una Francia, anzi una Parigi perduta, la
città delle città. Parigi è tutto, Parigi è il mondo:
ricordate il nostalgico monologo di Pepé le mokò,
gangster relegato nella casbah di Algeri, che rievoca con
occhi sognanti le strade, i "bistrots" di
Parigi? Parigi e Gabin ritornano, entrambi fatiscenti e
nostalgici del bel tempo che fù in Le chat,
limplacabile uomo di Saint-Germain del 71
di Granier-Deferre, dove assistiamo al compiersi di due
destini irrimediabili: lo stravolgimento tra gru e
cantieri della vecchia città e gli ultimi giorni di due
vecchi coniugi (Gabin e la commovente Simone Signoret)
asserragliati in una vecchia casetta, innamorati un
tempo, con niente più da dirsi, con lelenco da
sfogliare di giorni inutili e silenziosi. Grande
Signoret, umiliata nel suo amore respinto da un Gabin
monumento di pietra, freddo e taciturno più che mai,
prodigo di carezze solo per un gatto. Capita. Solitudini,
gelosie di vecchi, ripicche di non parlarsi più, il
tempo della vita scorre buttato via stupidamente, senza
avere più il coraggio di volersi bene, di dirselo, di
capire che non si può fare a meno dellaltro, gatto
o non gatto. E quando lei morirà, il vecchio orso
capirà tutto in un momento, adesso è chiaro: non
cera altra vita senza la sua donna. Un pugno di
pasticche e, alé! Il vecchio implacabile uomo scompare
insieme alla sua casetta, alla sua vecchia Parigi,
assediato da crolli e sventramenti. Amaro, anzi
amarissimo film, da ritrovare e consigliare a chi si
sciroppa troppe melasse e troppi zuccheri; storia
disperata col vecchio, marmoreo Gabin che idealmente si
riallaccia alloperaio, al fuggitivo, al gangster di
quarantanni prima, alleroe prevertiano del
"realismo poetico" fatto di stracci e fiori,
alluomo omericamente segnato dal Fato, con lo
sguardo perduto e leterna sigaretta appesa alle
labbra "tagliate" a lametta. Attore e uomo
coerente a sé e alla sua storia: uomo implacabile,
storia implacabile. Da rivedere.
Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI
Rubrica: La Cineteca Dimenticata
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