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ROBERT
RYAN, EROE PERDENTE
Per cinefili arrabbiati (gente che probabilmente non
dorme mai, come me!) la nostra tivù talvolta impacchetta
chicche e "bonbon" da non poter mancare, anche
tramortiti dal sonno (ah! Benedetto videoregistratore!).
Così chi ha visto notti fa "Stasera ho vinto
anch'io" (The Set-Up, 1949)? Storia tutta girata in
interni calibratissimi, degni di un quadro di Hopper, nel
tempo tragicamente reale di un prologo, l'azione di un
match pugilistico ed un epilogo amaro. Eroe, anzi
antieroe della comune e squallida storia un Robert Ryan
ineguagliabile, attore troppo dimenticato, relegato
superficialmente nel solaio delle tante, vecchie facce
"cattive" degli anni 50. Tanto
dimenticato che ritrovare qualche sua rarissima foto tra
lalluvione delle ripetutissime "icone"
(Marilyn, Bogart, Dean) è stata limpervia ricerca
di un lungo pellegrinaggio nei "santuari"
cinematografici della città. La faccia di Ryan, bella,
forte e segnata di una virilità amara e beffarda, col
suo cinico sorriso a fìor di labbra, è un umanissimo
toccasana tra tanti stucchevoli ermafroditi che purtroppo
non spariscono coi loro Titanic e tanti muscolosissimi
eroi di stoppa fasulla. Ryan appartiene a quella schiera
di eroi perdenti, coraggiosi e leali che giganteggiano
nella nicchia dei nostri ricordi in bianco e nero:
Bogart, Mitchum, Cagney ecc., meno fortunato di questi,
caratterista con doti da protagonista, ma sempre messo in
secondo piano dai vari James Stewart (Lo sperone nudo,
1953) o Spencer Tracy (Giorno maledetto, 1955), rimane
l'alfiere di quei co-protagonisti trascurati dal tempo. A
segnarlo fu limpareggiabile soldato antisemita di
"Odio implacabile" (1947), costringendo le
produzioni a relegarlo nei ruoli di "duro" o di
perfido cattivo (Billy Budd, 1962), cattivo comunque
sobrio e con un filo di amarezza che dava uno spessore di
virile umanità. Ex-puglile, ex-attore scespiriano, Ryan
ci ha trasmesso con la sua figura dolente, i sui sguardi
taglienti, le sue. pause, storie di uomini taciturni,
chiusi nella loro fatalità fatta di violenze e di pene
irrimediabili. Non ultima, ma estrema apparizione
significativa, dopo generici film dazione negli
anni 60, la sua figura di vecchio sceriffo nel
"Mucchio selvaggio" (The Wild Bunch, 1969) di
Sam Pekimpah, che è tutto un cantico sciolto alla virile
amicizia, alla sconsola fatalità.
Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI
Rubrica: La Cineteca Dimenticata
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