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LINGUAGGI & LINGUACCE E recentissima la festosa notizia dellultimo adeguarsi (oggi come oggi adeguarsi è tutto!) del nostro dottissimo dizionario italico alla foresta, allalluvione di orrendi, cacofonici neologismi. Il turpiloquio "sbracato" che fino a ieri era incondizionato appannaggio della solita ragazzaglia da bar, goliardica o "trucida" che fosse, bandiera di una adolescenza arrabbiata (anzi "incazzata") e decisa a non rispettare nulla e nessuno, oggi diventa ufficialmente "lingua" accolta da professionisti e intellettuali, da politici e dirigenti. Voi direte, come tutti oggi ripetono (ahi, dolorosa ma inevitabile necessità!): il linguaggio si rinnova, prende nuova linfa, i neologismi con luso salgono in cattedra e i professoroni alla fine li archiviano. E vero, è stato sempre così, per dialettismi e per tecnicismi, gallicismi ed anglicismi di turno. Ma pur sempre si salvava, nella acquisizione di nuove parole, il rispetto di una fonetica, una dignità lessicale che in qualche modo interpretava e traduceva", nobilitandolo, il neologismo. Ancor meglio, nel passaggio dal dialetto alla "lingua", si trasmetteva il prezioso, nobile bagaglio della cultura popolare, spesso forte ed icastica, ma sempre frutto di antiche radici nostre. Ma cosa cè più di nostro nello sguazzare tutt intorno di frigidi tecnicismi anglofili? Pensate che, ad introdursi imprudentemente in un dialogo tra "compiuteristi" o tra "manager" con tanto di "bretellone" e "ventiquattrore", si rischia di chiedersi se si è ancora sulla terra o non fra una specie aliena invasiva. Così in ogni campo, tecnico o professionale che sia, si è elaborato un linguaggio intraducibile, aggrovigliato, per "addetti ai lavori", da cui è naturalmente esclusa una qualsiasi etimologia che abbia uno straccio di dignità culturale, qualsiasi richiamo classico o una decente fonetica. Ci si esprime per sigle, abbreviazioni, singulti in discorsi nei quali affiora una italica parola intelligibile si e no ogni venti termini da cifrario segreto. E le care, buone, belle, musicali parole che nessuno usa più? ("desuete", appunto per usare un termine decaduto). Robaccia inutile, poltiglia da poeti decadenti, polverosa accademia da buttar via! Il nuovo ha sempre ragione, a tutti i costi (anche se passerà); per questo i nostri saggi accademici, terrorizzati di restare indietro, incoronano ruffianamente paroline e parolacce che laltro ieri avrebbero ripagato con un ceffone, dette dai loro scapestrati nipoti. Limportante è galoppare coi tempi e con le parole correnti, anche se si corre verso labisso di una babele cacofonica planetaria, un esperanto disastrato di toppe e frattaglie multirazziali e multidialettali. Ben venga dunque lo "Zingarelli" che apre i suoi dorati battenti al "cazzeggio" o allo "strafico"! Severi studiosi dora in poi saranno assistiti dalla guida preziosa di "tozzi" adolescenti che li educheranno allarte del "cazzeggiare", dolce stilnovo dei nostri radiosi giorni. Che importa se misantropi come me ripareranno nelle muffite catacombe letterarie, tra bellissime ragnatele verbali? Fuori, allaperto, per giovani e vecchi, belli e brutti, ricchi e poveri, incontrastato, universale, splende "na cifra" il sole dellocchei! Luigi M.
Bruno |