UN POETA ... MA COME SI PERMETTE? Confessiamolo. Qualcuno
di voi, pur appassionatamente dedito alla
scrittura poetica alla quale dedica tempo,
ricerca, approfondimento, diciamo pure lavoro di
mente di spirito e di corpo, osa ciononostante
presentarsi pubblicamente in quanto tale, cioè
poeta? Buongiorno, molto lieto!..
Non ho ben compreso, di che si
occupa? Ah sì, sono un
poeta! Al che gustatevi il viso
dellinterlocutore che rapidamente scolora
dallo stupore allimbarazzante
mortificazione. Forse il signore pensa di essere
preso in giro e non sapendo come continuare la
conversazione abbozzerà un forzato sorrisetto
guardandosi intorno in cerca disperatamente di un
appiglio esterno. Forse potrebbe, essendo
spiritoso, non battere ciglio e replicare:
Ah, bene! Io invece sono un astronauta!..
Incontriamoci qualche volta! Ma cè
di peggio. Si può avere a che fare con sciocche
signore che alludir ciò, come se aveste
detto di vivere nel mondo delle fate e dei
balocchi parlanti, si accendono di un sorriso
ispirato: Beato lei!.. Che bello!,
come foste un felice demente che si trastulla con
nuvole e fiori ignaro della dura realtà.
Non parliamo poi di altre
reazioni addirittura offensive o indecenti, da
chi vi prende per un patetico matto, o per un
ubriaco o un drogato, o un delirante barbone
infiltratosi alla festa senza invito, come quei
mattacchioni che vanno ai festini matrimoniali
spacciandosi per parenti.
Insomma, non facciamola
lunga, poeta sic simpliciter non si dice
(anche se lo si è, e ci costa una vita quasi
sempre ai margini). Meglio, come pur fecero fior
di poeti, denunciare il banale ruolo sociale, il
lavoro di cui bene o male si vive: Sono un
ingegnere, insegno, inforno pane, faccio il
postino ecc. ecc. Probabilmente anche
Dante o Shakespeare, sollecitati dal solito
importuno o ufficialmente intervistati, si
sarebbero ben guardati dal dire: Sì, sono
un poeta!... E lei che fa? E che
dire delle graziose fanciulle, magari ispirate ad
un probabile accoppiamento con voi: Che fai
nella vita tesoro? Ah sì,
faccio il poeta! Figuratevi la fuga
più o meno precipitosa che possono prendere le
nostre amiche, o magari vi ridono in faccia
cercando in fretta qualcunaltro più
uomo e sicuro. Perché, fra
laltro, essendo le donne le note
depositarie in terra dellessenziale, solido
realismo (non fatevi prendere in giro dai loro
finti languori romantici!) dal momento della
vostra incauta esternazione non scommetteranno
più un centesimo sulla vostra capacità di farvi
largo nella vita, e nemmeno forse sulla vostra
capacità amatoria!... Che uomo è, diciamolo, un
poeta?
Una volta era un
decorativo cortigiano confuso al buffone e al
saltimbanco, buono per ruffiani panegirici in
lode di battesimi matrimoni e funerali. Ma questo
ruolo, che benché modesto dava pur da mangiare,
oggi in totale abbandono, relega infine il nostro
poeta tra gli inutili, superflui, oziosi,
improduttivi esseri della nostra felice
società... Dirò di più, il tale che si
definisce a viso aperto poeta (che faccia tosta!)
è sicuramente qualcuno da tenere a bada, un
asociale, un instabile, un labile e malsicuro
individuo capace di tutto, una pecora nera da cui
guardarsi, può rubarvi in tasca o mettervi una
bomba in casa, offendere le signore o fare la
pipì fuori dal vasino. Si dice: un poeta a che
serve? I rari, rarissimi fortunati e privilegiati
che con i loro versi hanno incredibilmente
raggiunto le vette della celebrità, più che
altro vivendo poi di saggi e recensioni,
sollecitati in pubblico amano definirsi più
genericamente scrittori, che è un
tantino più rassicurante, quasi una onorevole
professione.
Oppure coraggiosamente
confesseranno di occuparsi di poesia
come una materia di studio, da entomologo che
osserva le farfalle o un archeologo che scava i
ruderi
Eppure, infine eccoci qua, che
spudoratamente ammetto di amare e vivere della
mia poesia (anche se il pane, si sa, ce lo dà lo
stipendio o la pensione). Sì, lo confesso, sono
un poeta!.. Ed ecco la signora dilatare gli
occhi, corrugare le sopracciglia e torcere le
labbra in un moto quasi di stizza: Un
poeta?
Ma come si permette?.
Luigi M. Bruno
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