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MARE CRUDELE
Nel mare di sciocchezze e provocazioni che si sentono in
questi giorni, c'è il fondato dubbio che pochi conoscano
le leggi che regolano il soccorso in mare e le procedure
d'ingaggio della Marina. Proviamo pertanto a fare un po'
di chiarezza.
Le leggi del mare, prima ancora di essere state
formalizzate e ratificate dai moderni stati nazionali,
risalgono a consuetudini antiche e per la loro stessa
natura internazionali. Prevedono in sostanza l'obbligo di
aiutare una barca in difficoltà e salvare le vite a
bordo. Il soccorso in mare, se fatto da una barca
privata, prevede anche il diritto ad una parte del carico
della nave in difficoltà, secondo un uso vecchio quanto
la marina. Ma, a parte questo aspetto secondario,
l'obiettivo principale del soccorso in mare è il
salvataggio di vite umane. Quindi, accogliere uomini in
mare in difficoltà è un preciso obbligo morale del
marinaio e la solidarietà fra gente di mare è
indiscussa. E si dà per scontato che una carretta piena
di migranti va comunque aiutata, anche se qualcuno magari
spacca il timone per obbligare l'altro al soccorso in
mare. Se poi una nave del genere entra in acque
territoriali, non è considerata ostile e rimandarla in
alto mare è un crimine internazionale riconosciuto come
tale e di cui la nazione in questione si assume per
intero la responsabilità giuridica. E' chiaro a questo
punto il vantaggio offerto dall'immigrazione clandestina
via mare: se uno straniero varcasse un confine di stato
via terra, sarebbe immediatamente fermato per ingresso
illegale in uno stato nazionale, mentre la violazione di
sovranità in mare avviene soltanto entro le 12 miglia
dalla costa. Ma con carrette quali vediamo in
televisione, si rientra automaticamente nelle modalità
previste dal soccorso in mare.
Esistono invece casi precisi in cui una nave della Marina
militare (o della Guardia costiera o della Guardia di
Finanza o simili) può intervenire con la forza, sia in
acque territoriali, sia addirittura in acque
internazionali: esattamente quando la natura del carico o
l'atteggiamento dell'equipaggio o la riduzione in stato
di schiavitù dei passeggeri violano le leggi
internazionali che regolano il diritto marittimo. In
questo modo è stata bloccata ieri in Grecia una nave
carica di esplosivo (con documentazione evidentemente
sospetta), ma le cronache della Rivista marittima (SMM)
sono molto più ricche di notizie dei nostri quotidiani:
qualche mese fa i marines portoghesi hanno abbordato in
alto mare una nave carica di droga, mentre i francesi
hanno fatto lo stesso in situazione analoga al largo
della Nigeria, sparando anche i famosi colpi di
avvertimento (uno in mare a prua, uno in mare a poppa,
eventualmente un terzo all'albero dell'antenna).
E' chiaro a questo punto che una carretta di migranti non
è formata da gente ridotta in schiavitù (le leggi del
mare sono in questo caso un retaggio della caccia alle
navi negriere!), né ostile né tanto meno armata; né il
carico è tale da suggerire un pericoloso abbordaggio in
mare, anche se non è raro che i gommoni albanesi
portassero anche armi e droga. Ma un controllo può e
deve essere fatto almeno al momento dello sbarco, non
fosse altro per identificare e arrestare gli scafisti.
Marco
Pasquali
26 giugno 2003
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