Senza Titolo, 2000
olio su tela, cm. 50x70
Senza Titolo, 2000
olio su tela, cm. 50x70
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KJETIL HAALAND: I silenzi di un
norvegese
Aldilà (o aldisotto) delle mostre " importanti
", degli incontri culturalmente consacrati da stampa
e pubblicità, delle retrospettive e degli eventi resi
"decisivi" dal tam-tam dei grandi megafoni
esiste, lo sappiamo, un estesissimo sottobosco, una
immensa regione dove germogliano e deperiscono
innumerevoli esposizioni darte (o presunta tale):
regione semisconosciuta e variegatissima che va
dallintraprendente dilettante al geniale
emarginato, dalla saletta dopolavoristica al cortile di
parrocchia, alla galleria mercenaria, alle forsennate
collettive, dallanziano artista dimenticato al
giovane esordiente in lotta con le onde alte di un
brulichìo di "artisti" autoconsacratisi con
coppe e diplomi domenicali. Questa impervia e oscura
regione nella quale addentrarsi è un rischio ho deciso
da qui in poi che sia il mio terreno di caccia, evitando
le trombe e i timpani dei grandi convegni con la guida
rossa dei critici-violini di prima fila. Così mi
inoltrerò con il coltello tra i denti, tra paludi e
serpenti, tigri e scorpioni, in cerca del frutto
nascosto, della terra fertile di chi ha da raccontare
qualcosa. La premessa è lunga, ma era dobbligo
esibire la mia patente di critico non ufficiale, non
accreditato, estraneo a qualsiasi "recinto",
dilettante nel senso migliore della parola quando
"professionista" significa solo colletto bianco
e faccia di bronzo. Ed eccomi per voi, come un cane da
tartufi, sciolto dal guinzaglio e lontano da serre
accoglienti, porgervi subito il frutto del mio libero
annusare: si chiama Kjetil Haaland, norvegese (classe
1963), lo trovo esposto a via Margutta (galleria "il
Saggiatore"); non parla italiano, io ignoro
linglese, meglio così, meno parlano gli artisti di
sé e più parlano i loro quadri. E di che parlano le
tele del giovane Haaland? Particolari, frammenti di
porte, finestre, staccionate, muri, visti attraverso la
lente attenta e riflessiva alla ricerca della materia,
della superficie, che va ben oltre lobiettività
del dettaglio per immergersi nella poetica, meditata e
silenziosa, dellassoluto intravisto nella povertà
del quotidiano, povertà e banalità che non è mai
povera e banale agli occhi di chi amorosamente si
profonda nelle pieghe della sconosciuta realtà, per
ascoltare sottovoce il racconto che graffiti, crepe,
fessure, tracce dintonaco fanno di un mondo
trascurato ma che è "mappa" dimessa di un
passaggio umano, un enigma, le cifre di unassenza
trascorsa nei meandri del tempo che tutto accoglie e
trasfigura. Lapparente casualità diventa allora
esplicita e fondamentale testimonianza. Così
pazientemente Haaland dialoga in silenzio con questi
squarci deserti, per dirci quale mondo può aprirsi a chi
sa vedere e ascoltare i preziosi bisbigli, le tracce
minute per inseguire il Mistero. Lastrazione di
questo dialogo rarefatto diventa astratto pittorico,
naturalmente si apparta dallestroversione
realistica, piuttosto cercando e cercandosi nella realtà
più dilatata di una struttura temporale illimitata,
senza pur perdersi mai nella frigida concettosità
filosofica, ma tenendo sempre ben stretto il filo che lo
conduce allintimo delle cose e dei fatti.
Luigi M.
Bruno
da ORIZZONTI
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