Il mondo di
Carla Cantatore, oltre ad essere una personalissima visione e
interpretazione della realtà, è anche contemporaneamente il mondo di noi
tutti. Non è un paradosso, solo il risultato e la conferma del suo essere
artista. Dalla sua capacità di comunicare immediatamente sentimento e
ragione. Di rendere lucido ed esplicito ciò che tutti in fondo sappiamo
oscuramente, ma non abbiamo il coraggio di chiarirci.
Amiamo pensare che da questo discenda anche la scelta dei suoi mezzi
espressivi, degli strumenti tecnici e stilistici della sua pittura, delle
rarefatte atmosfere dei suoi quadri. Nell'epoca della frammentazione, in
cui la superficie delle arti visive si ricopre di schegge di origine
sempre più indefinita, come un magma vulcanico che erompa dalla
disgregazione della vita sociale, Carla Cantatore pone tra sé e la materia
dei suoi dipinti, tra le sue emozioni e la loro espressione grafica, il
filtro del metafisico, del surreale, di una struttura organizzata che con
la sua cifra stilistica faccia da argine all'evaporazione dei significati.
Per questo abbiamo parlato, insieme, di sentimento e ragione.
Il primo è nutrito da una sensazione di perdita, di solitudine, ma non
scade nell'autocompiacimento o nella negazione. La seconda consente di
canalizzare questa corrente emotiva verso immagini simbolo che non sono
mai fine a se stesse, ma si cristalizzano, sempre simili e sempre diverse,
per essere fatte proprie da chi osserva come paradigmi della realtà, come
momenti visibili, emergenti, di una serie logica ed infinita.
Ogni quadro è in sé una rappresentazione complessa e completa.
Ma ognuno rimanda all'altro lo spettatore in un'ansia sottile di ricerca
della propria identità e del proprio significato. Nella continua
frustrazione di riconoscersi nel gesto di un manichino, nel panno pieno di
pieghe sontuose che ricopre una figura forse solo immaginaria. Nel gioco
straziante e ininterrotto che consiste nel dare un'identità a ciò che non
può avere identità.
Anche nelle opere che non si inseriscono strettamente in questo tessuto
stilistico, come alcune nature morte, o ritratti, pure si insinua il
sospetto che si tratti di frammenti minacciati dalia metamorfosi, e ad
essa casualmente sottratti dalla loro pienezza di forme e dalla delicata
dolcezza del colore.
Eppure, nei colori decisi e talvolta squillanti delle sue figure e dei
suoi ambienti metafisici, Carla Cantatore non ci comunica chiusure, ma
possibilità. Non un destino ineluttabile, ma un rischio.
Non disfacimento di forme, ma rigore di stile, che si esprime in un
sottofondo di vibrante energia.
Ogni suo quadro è come uno specchio in qualche modo magico, fissando il
quale ci si aspetta sempre di veder comparire lentamente, come in
dissolvenza, i tratti di un volto sull'ovale della testa di un manichino o
dall'oscurità dei vuoti di un drappeggio. Fino a trasformare le pure forme
geometriche nei corpi pulsanti di vita che sono in esse come ingabbiati,
con i loro desideri e le loro emozioni.
È una suggestione, uno stimolo sempre ripetuto, ma solo un messaggio.
Perché l'artista può soltanto comunicarci che, rendere reale questa
potenzialità solo rappresentata, trasformare il rapporto col mondo, è solo
compito nostro.
Massimo Bucchi |