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CONTEMPORANEA
Arte e
Artisti a Roma |
Sezione
Arte: SCULTURA
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ARIELA BÖHN
Breve
Nota Biografica
Dal 1977 ricerca i suoi mezzi
espressivi nelle tecniche della ceramica.
Ha studiato tornitura, tecnica Raku, decorazione,
teoria degli smalti con John Colbeck; ha inoltre
seguito corsi di vetrate artistiche, Glass fusing
e incisione. Nel 1984 si è laureata in Scienze
Biologiche all'Università La Sapienza di Roma.
Dal 1984 al 1987 ha lavorato in qualità
di borsista sotto la direzione della prof.ssa
Rita Levi Montalcini presso lIstituito di
Biologia Cellulare del CNR a Roma. Dal 1987 al
1989 ha frequentato il corso di scultura
tenuto dal prof. Mongelli allAccademia di
Belle Arti di Roma in qualità di auditrice. Le
sue opere sono al: Centro Bibliografico
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ha
esposto a Roma, Padova e Parigi. Hanno scritto di
Lei: Giacomo Limentani, Letizia Paolozzi, Enzo
Bilardello, Roberto Cristini, Maria Clara Sanchez
Santos, Natale Antonio Rossi, 'I'eresa Zambrotta,
Gianleonardo Latini, Adachiara Zevi e Paolo
Balmas.
Nel 1995 nasce sua figlia Mila.
Cliccate sulle
miniature per ingrandire le immagini.
Breve
Nota Critica
[...] La Terra
dalle distanze aeree ci immerge nel paradiso di
luoghi che si fanno continuamente pittura
astratta, nel preciso confine in cui la cosa
materiale diventa puro informe, dove il concreto
si astrae per rimanere entità sì fisica ma
impalpabile nelle sue mille specificità interne.
Masse uniche fatte di variazioni minime,
superfici più o meno continue al cui interno
nervature e frangenti creano la variabile che
destruttura le masse, proprio come in pittura le
pennellate seguono il ritmo nervoso della ma-no
che prende stimoli da cervello e cuore.
Ecco tre cicli di Ariela Böhm, nati in un arco
di tempo che sembra dare il senso della
continuità e dello scandaglio progressivo
attraverso i materiali sopra una simile idea: il
suo mondo è allora visto da ideali altezze a
campo lungo, proprio come se si fosse su quel
fatidico sedile di un aereo in volo a quota
media. Da lassù, nella potenzialità di uno
sguardo critico che può divagare a serio e non
delirante piacimento, si costruisce il campo
perimetrato di questa giovane artista romana,
stimolata dal potere conturbante dei materiali
sperimentabili: silicone per le onde del mare,
stucco per una terra in contrasto col blu
pittorico del mare, sabbia per unaltra
visione di terre emerse circondate
dallazzurro variabile dellacqua.
Il silicone segue ondulazioni parallele, ora
concentriche ora più filiformi a seconda del
ritmo ondoso che si è voluto ricreare; un mare
di luci e strani riflessi, musicale per
progressione di forme seriali, più o meno
trasparente ma sempre ad espandersi su una
superficie che solo poche volte lascia uscire
parti di blu pittorico.
Negli stucchi, invece, il blu dipinto assume una
funzione dialettica con le parti bianche a
rilievo variabile: locchio immagina subito
la visione aerea, ancor prima dellipotesi
primaria di un puro gioco tra forme e colori; si
pensa al territorio come "carne del
pianeta e allacqua come
"pelle" di una Terra che ora vive di
sfioramenti senza alcuna intromissione
territoriale: "carne" e
"pelle" sono davanti a noi, perfette
per convivere ma in modo separato, come parti di
uno stesso corpo (la Terra) dove interno ed
esterno appartengono alla stessa dimensione
apparente.
Le sabbie, prima tappa di questo cielo finora in
tre tempi, vivono sul principio degli stucchi ma
con una visione più panoramica del contesto
terrestre: sono parti materiche dai toni
sfumantí che si dimensionano su ampie zone
acquatiche, quasi a dare uno spaccato variabile
dei continenti caldi. Gli stucchi della Böhm,
ripensando ai rapporti con le forme sabbiose,
guidano la curiosità mentale verso terre meno
mediterranee, dalle parti di poli estremi del
nostro pianeta ma anche, lasciandoci guidare
dalla libertà interiore, verso strambe montagne
di sale a forma di iceberg o tra formazioni
estese di sabbia bianchissima a ridosso
dellacqua marina.
Fondamentale rimane la libertà ondivaga di
scegliere un territorio e farlo proprio, pensando
ad un luogo che potrebbe essere la nostra zona
vista dagli occhi del primo gabbiano che sorvola
il mondo al di sopra dei nostri capelli: noi
sempre laggiù, impossibilitati a vedere
dallalto senza supporti tecnologici; la
nostra mente con noi oppure in alto, tra i luoghi
senza pavimento da cui rendere le pure forme ciò
che più ci interessa inventare.
Gianluca Marziani
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